Proprio in queste ultime settimana la Ministra Azzolina ha recepito le proposte sul comparto scuola che vengono da più parti della società civile, in particolare da ANGI – Associazione Nazionale Giovani Innovatori presieduta dal Presidente Gabriele Ferrieri, ed ha annunciato un incremento del fondo a disposizione alle famiglie per superare tutti i problemi dovuti all’indigenza e mettere a disposizione di tutti senza discriminazioni, senza differenze e sempre nel rispetto del principio delle pari opportunità, mezzi e dotazioni informatiche in modo che i ragazzi possano seguire la didattica a distanza e partecipare ai programmi di formazione in vista della maturità e degli esami di stato.

Questa esperienza fa riflettere sull’importanza delle nuove metodologie educative, sempre decantate ma poco applicate nella quotidianità del fare scuola a causa di costi e resistenze degli insegnanti e delle famiglie. L’obiettivo è quindi riuscire a comprenderne in pieno le potenzialità e fare in modo di utilizzarle sempre e non solo durante le emergenze, magari mescolandole alle forme di educazione tradizionale, assicurando così agli studenti continuità nei loro percorsi di studio.

Proprio per questo la Ministra dell’Istruzione Azzolina ha dichiarato che le lezioni scolastiche che riprenderanno a settembre si svolgeranno metà a scuola e metà a casa con il proseguimento della didattica a distanza in modo da evitare le “classi pollaio”, con evidente rischio per la salute di studenti e insegnanti.

Il cambiamento della didattica sembra quindi non più procrastinabile e per stroncare sul nascere le ultime reticenze, che ancora resistono, occorre fiducia nel massimo di efficienza dei mezzi tecnici, procedendo col fissare preventivamente le competenze e valutando criticamente i procedimenti, mettendo in opera, dovunque sia possibile, informazioni sicure e traendo vantaggio dalla conoscenza acquisita delle leggi di funzionamento di ciascuno dei sistemi utilizzati.

C’è bisogno inoltre di un’analisi oggettiva della tecnologia, soprattutto di quella il cui l’impiego nell’educazione sembra assicurare successo, assegnando a questa un ruolo di vigilanza scientifica, al fine di migliorare la qualità dell’intervento educativo e, più generalmente parlando, formativo.

Il dibattito nato già da tempo intorno al tema che nella società che cambia, anche la scuola avrebbe dovuto adeguarsi al cambiamento, come stavano ad indicare i percorsi avviati dalle attività sperimentali che invitavano ad organizzare, su basi nuove, il mondo scolastico, aperto all’esterno, al nuovo come anche allo sperimentalismo, spaventava tuttavia gli educatori incapaci di misurarsi con la reale forza del cambiamento. Nella società odierna, ormai, prescindendo dal Coronavirus, si richiede alla scuola che non solo si adoperi per cambiare davvero i suoi contenuti, cioè i suoi programmi, ma soprattutto che modifichi la qualità della didattica in una prospettiva volta a misurare con le abilità e le conoscenze, prioritariamente, le competenze. La scuola è un ambiente educativo, intenzionalmente orientato a realizzare un progetto formativo che potrà essere considerato efficace solo nella misura in cui riuscirà a fornire all’individuo tutti gli strumenti logici, linguistici, emotivo-affettivi, emotivo-relazionali, per interagire, in modo creativo, con l’ambiente che la circonda. La scuola deve immergersi nella realtà attuale e trarne forza, determinazione, beneficio.

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